On the bookshelf – Il ferro da stiro – Gianni Simoni

Gianni Simoni è un ex magistrato che si occupò del caso Ambrosoli prima e di quello Sindona poi.

Il che dice molto del cursus honorum dell’uomo di legge e nulla sulle sue capacità di giallista.

Invece.

Invece “Il ferro da stiro” è un giallo insolito, considerando che per le prime 130 pagine non succede assolutamente nulla e però è, al contempo, un buon romanzo. Comparandolo con molto di quello che c’è sul mercato, lo si può definire anche molto buono, nel suo genere.

In quelle 130 pagine si rappresenta la quotidianità del pensionando commissario Miceli, alle prese con una svolta cruciale, e quella del già pensionato ex giudice Petri.

Spaccati di vita domestica, problemi idraulici connessi all’età. Tutte cose trite e ritrite che sarebbero supremamente noiose e invece vengono narrate con un garbo leggero che le rende piacevoli.

L’inatteso, in effetti. Soprattutto se è la prima volta che ti approcci ai libri di Simoni e alle avventure della collaudata coppia Petri-Miceli.

Poi, un evento apparentemente banale come la sostituzione di un ferro da stiro, darà il via ad un’indagine che porterà alla soluzione di ben due casi.

Sorretto da dialoghi ed atmosfere ben centrate con, sullo sfondo, la città di Brescia, a me ignota, che, dalle descrizioni, meriterebbe senz’altro una visita.

Ben definiti e delineati i personaggi che non diventano mai macchietta.

Uno stile piacevole ma asciutto.

Forse la parte più debole dell’intera architettura è proprio quella poliziesca, che dopo un po’ diventa inconsistente e, quel che è peggio dato il genere, piuttosto prevedibile.

Ovviamente, dopo lunga assenza, per il venerdì del libro

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