Piccolo, spazio, pubblicità

Per noi, che nei secoli ci siamo strafatti di televisione, la pubblicità rappresenta quel quid in più, che, da solo, riesce a rischiarare una gloriosa giornata di merda.

Come? Nella fattispecie, ringraziando chi vi pare per il fatto di non essere né voi né un vostro congiunto il pubblicitario che l’ha pensata. Perchè se per voi la grande boiata dura circa trenta secondi, quello che l’ha pensata, purtroppo per lui e la sua famiglia, resta così per più di trenta secondi. I più sfortunati, per tutta la vita.

Quindi, affrontiamo i nostri demoni, una volta per tutte.

Avrete notato peraltro notato (se no ve lo faccio notare io) che ho scritto “il” pubblicitario. Al maschile. Io non so se tutti i pubblicitari siano uomini. Di certo tutti i pubblicitari che parlano di ciclo femminile lo sono.

Fino alla seconda metà degli anni ’80, il ciclo femminile, in tv era tabù. Non se ne parlava e le donne potevano dolersi in santa pace. Bei tempi.

Poi venne l’uso di riferirsi al ciclo femminile parlando di ‘quei giorni’. Che sia mai, chiamarlo col suo nome.

In principio fu lei, una tizia che volteggia, con l’eleganza e la padronanza di sé che ciascuna di noi ha potuto esibire, almeno una volta, dopo una sbronza colossale. Poi ci presenta l’assorbente. L’ultimo ritrovato della scienza e della tecnica. Con le dimensioni di una mattonella, immaginiamoci il comfort. I cuscini delle sedie della cucina sono più sottili.

La parte migliore, va detto è il claim: “Sei protetta più che mai perché è più lungo e tu lo sai”.

Devo aggiungere altro? Devo? No, vero?

Poi c’è l’altra. Quella cui, con ogni evidenza, è partito un embolo (ma bello secco, eh) e, sempre in ‘quei giorni’, decide di lanciarsi col paracadute. Che in effetti, quando abbiamo il ciclo, è esattamente la prima cosa che ci viene in mente. Insieme al bungee jumping e alla lotta nel fango, ovviamente.

Poi devono aver capito di avere, forse, esagerato, e allora via di sindrome premestruale. Con spot di dubbio gusto che, oltre tutto, mettono in discussione l’equilibrio mentale della specie femminile.

Su tutte ricordiamo la libraia maldestra, che dopo aver semi distrutto la libreria si interroga garrula ‘sono elettrica,sarà perchè mi devono arrivare?’ (‘no cara, sarà perchè sei cogliona, che è ben più probabile’).

E non dimentichiamo, vi prego, la matta, vera, che tappezza il vagone ferroviario di assorbenti(!) per non sentire odore di catrame (il video su youtube non c’è, o è stato rimosso, da tanto faceva schifo). Con tanto di manager, seduto in carrozza che se ne innamora all’istante invece di chiamare, più avvedutamente, la Polfer.

Ma la vetta irraggiungibile, quella che, un attimo dopo aver assistito allo spot, tutti comprendemmo non sarebbe mai più stata eguagliata, insomma l’Everest della pubblicità per assorbenti, la raggiunse lei.

La poverella, ovviamente col ciclo, va a fare un’audizione. Da VJ. La poverella, sempre lei, per dimostrare le sue alte competenze nel ruolo dovrebbe ‘saper parlare, recitare, improvvisare’. E tu per un attimo pensi si siano confusi. Non cercano una VJ ma un’attrice per Strehler, cazzo.

In uno studio televisivo che compete in squallore con un aeroporto tajiko, la protagonista è lì a farsi un mazzo cubico nella speranza di strappare il biglietto di sola andata per la celebrità, quando il regista, acuto quanto un angolo ottuso, le chiede ‘sai fare la ruota’. Già. Perchè tipicamente i VJ non lanciano i cazzo di video. Fanno la ruota.

E lei, invece di mandarlo, giustamente, affanculo si duole: “La ruota?! Ma proprio oggi che mi sono venute”. Ma lei, che in fondo è un donnino coraggioso, si fida del suo assorbente e vai con la ruota (un tampax, no, troppo comodo, in certe occasioni, e lei, sapevatelo, è contro la vita comoda).

Dopo questa inarrivabile performance, il regista la abbraccia modello octopus (e da lì si evince che per lui la ruota è condizione necessaria, ma, evidentemente, non sufficiente, e che l’audizione proseguirà altrove, con buona pace di ‘quei giorni’) e la futura regina del circo Togni ottiene l’agognato posto da VJ.

Insomma credevamo di averle viste tutte. Agenti speciali, parà, motocicliste senza paura, serial killer, schizofreniche, vedettes del circo.

Finché, una sera, ormai serenamente avviate verso una menopausa più o meno incipiente, ci siamo imbattute in un gruppo di palestrati maschi che cercavano di spiegarci, colmi di imbarazzo, come si utilizza un tampone.

A noi, come si utilizza un tampone. A noi che, come utilizzare i necessari dispositivi per affrontare ‘quei giorni’, lo imparammo quando ancora giocavamo con la Barbie e cantavamo in coro la sigla di Lady Oscar. A noi che, a differenza dei pubblicitari, lo sappiamo che quel dispositivo non raccoglie un liquido color blu puffo come quello mostrato in tv, ma un liquido organico normalissimo che, qualche volta, andiamo pure a donare. Quando non siamo in ‘quei giorni’.