E lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà

Lettera aperta a Susanna Camusso

Gentile Sig.ra Camusso,

lei ha una ventina d’anni più di me, e ha condotto lotte di cui io ho sentito solo parlare. Però, non s’offenda, non esageriamo con l’allure. Lei, negli anni ’70 era una studentessa di archeologia che ha deciso che la sua vocazione era il mondo sindacale. Nobile scelta. Ma puntualizziamo pure, né io né lei abbiamo il background (di cultura, di fatica) di un minatore del Sulcis.

Lei lotta da quarant’anni per i diritti dei lavoratori. Io da venti solco il mondo dell’impresa da freelance. Ne abbiamo viste entrambe, credo, di tutti i colori, quindi, risparmiamoci le solite manfrine sull’esperienza. Lei non è da rottamare (parola, peraltro, detestabile e irridente, che detesto) e io non ho più il pannolo da un pezzo.

Lei paragona il putto fiorentino a Margaret Thatcher, prendendo un abbaglio. Quello è una carognetta (chieda ad enricostaisereno) che ha un’eccellente scelta dei tempi, e col senso del ritmo ci si nasce.

L’art. 18 è la più grande operazione di fumo negli occhi mai vista nella storia politica italiana recente, e lei ne è la vittima designata.

Oltretutto, signora mia, lei gli sta dando una mano, quando non due.

L’art. 18, non serve a niente. E’ solo un simbolo. Un baluardo. L’art. 18 si applica ad una minoranza assoluta di lavoratori. Ne restano esclusi i dipendenti delle piccole e medie imprese (in Italia, la maggioranza), i precari, gli interinali. Praticamente quasi tutti, e lo sa pure lei.

Provi ad informarsi. In una qualunque fabbrica del nord che produce, l’operaio con contratto a tempo indeterminato appartiene al tempo che fu. I pochi superstiti si stanno avviando gloriosamente alla pensione, con gran sollievo di quasi tutti i responsabili del personale che conosco.

L’abolizione dell’art. 18 rappresenterebbe un passo avanti per l’umanità. In suo nome e conto sono stati perpetrati da ambo le parti i peggiori abusi lavorativi.

Lo so io, e lo sa lei. Avete difeso dei fancazzisti senza possibilità di redenzione in tre gradi di giudizio. Appesi come dei gattini ai coglioni finchè non avete ottenuto i reintegri, e, alla fine, vi è andata anche bene. Perchè i reintegri sono stati ottenuti. La prima volta. Poi, fatto salvo che non avevate a che fare con dei fessi, mai più.

In questi anni abbiamo visto tutti cose che ci saremmo francamente risparmiati. Mobbing selvaggi. Scrivanie che sparivano. Trasferimenti a casa del diavolo. Sedi distaccate direttamente nella grotta di Tora Bora. deportazioni in massa con bus aziendali, con sveglie antelucane e rientri a casa all’ora del tg. Quello delle ventitre, però.

E la gente, dopo un po’ si cavava dai coglioni senza fiatare. E i vostri delegati, spesso, pappa e ciccia con la proprietà. Purchè non fossero toccati gli unici diritti veramente insindacabili. Quali? Ma quelli delle RSU, naturalmente.

Oppure l’abitudine delle dimissioni firmate in bianco all’atto dell’assunzione. O certi co.co.co e co.co.pro che di collaborazione avevano solo il nome. La fattispecie, ben altra. Lo so, io, signora Susanna, cosa pensate dei giovani. Lo so perchè vi ho sentiti, quando siete lì, nel chiuso delle vostre stanzette, lontani dalle telecamere, dai concerti del primo maggio, e dai finti proclami.

Li considerate privi di nerbo. Senza desiderio di combattere. Buoni solo per indignarsi su feisbuc. E magari qua e là avete pure ragione. Ma quella spocchia, quelle faccette a culo di gallina, dicendo, ‘colpa loro che accettano certe condizioni, certi contratti’. Signora Susanna, senza offesa, ma lei un lavoro ce l’ha dal 1975, da quando è entrata nel sindacato. Suppongo che l’ansia di non pagare l’affitto, le bollette, la spesa, non le appartenga. Lei difesa lo è stata sempre. Questi, non li ha mai difesi nessuno. Se ci penso la differenza più grande tra me e lei, è proprio il fatto che lei difesa lo è stata sempre, mentre io difesa, mai, sempre da sola mi son dovuta arrangiare.

La differenza più grande tra me e loro, invece, è che io l’ho scelta questa vita, soppesando i pro e i contro, ed è una scelta. Loro no, sti poveri cristi ci si son trovati, gli è  toccata, e non è che la vita li avesse carrozzati tutti contro la realtà.

E la differenza più grande tra me e lei, a pensarci meglio, sta nel fatto che io per questi, provo una sostanziale empatia, perchè creda, signora mia, mica è facile. Proprio per un cazzo, anzi.

Ecco, voi che state lì, trincerati dietro una bandiera, un baluardo del tempo che fu, rinunciate al baluardo, e cominciate a difendere il presente e non più il passato.

Prima che un putto di Firenze vi seppellisca senza che riusciate a dire neppure bah.

76 pensieri su “E lotteremo per il lavoro, per la pace, il pane e per la libertà

    • accolgo la richiesta e procedo, volentieri.
      non prima però di aver integrato con alcune cosine. la prima è minima: ti son scappate due righe di troppo.
      la seconda è un piccolo spazio di satira: http://www.giuliocavalli.net/2014/09/18/tutto-bene-lei/
      la terza è una riflessione sull’articolo 18 in sé. di base, non sarei nemmeno per un’abolizione tout-court. i problemi a valle (mobbing, etc) sono sostenuti, oggi, anche dall’assenza di una identità di lavoro collettivo: si lavora da soli, anche se attorno hai svariate persone. non si è sostenuti da un’entità di gruppo, men che meno da un sindacato.
      detto questo, e completamente d’accordo con il fatto che una gran parte di persone – di cui per altro faccio parte – non sono minimamente sfiorate dall’art.18, confesso che faccio fatica a capire:
      1. come si possa soprassedere su una tutela (estesa a chiunque, per altro, non solo alle aziende con tutte le caratteristiche di cui sopra) nei confronti del licenziamento discriminatorio. il fancazzismo non è una motivazione discriminatoria, è fancazzismo e punto e sono completamente d’accordo con te. l’omosessualità, la religione, la nazionalità di provenienza possono essere ragioni discriminatorie, e il nostro paese non è certo immune da ciò. la riforma fornero ha già abbastanza ridimensionato al questione: è così assurdo ragionare in termini di integrazione, miglioramento, anziché abolizione?
      2. per quale motivo le tutele di un contratto dovrebbero essere “crescenti”. mi sembra una cazzata stratosferica, soprattutto in tempi di variabilità lavorativa. questo significa che verrebbe premiata esclusivamente una continuità contrattuale (temporale?) e non tutelata una condizione a prescindere. e su questo, articolo o non articolo 18, non credo di riuscire ad arrivare a mediazioni, intransigente che sono. 😛

      • Faccio parte di coloro i quali manifestarono contro l’abolizione dell’art. 18 nel 2002 (se non sbaglio!).
        Ora confesso che questo dibattito non m’appassiona più. Perché ho l’impressione, come scriveva Michele Serra su Repubblica qualche giorno fa, che si discuta delle tende alle finestre mentre l’intero edificio si trova in macerie. La priorità assoluta per me è estendere gli ammortizzatori sociali (malattia, ferie pagate e disoccupazione) a tutte le tipologie di contratto. La proposta renziana lascia fuori ancora troppe persone ma non sarei contraria a priori alle tutele crescenti, che potrebbero essere lette come un periodo di prova lungo… rispetto al punto da cui partiamo mi sembra comunque un miglioramento.
        Rispetto ai sindacati e alla loro difesa dei fancazzisti, purtroppo quest’attitudine non riguarda solo il passato, ma persiste, e i fancazzisti spesso si legano ai sindacati proprio per evitare di essere licenziati (conosco persone che adottano questa strategia) :-/

        P.S: non riesco ad accedere con wordpress, boh…

      • semplicemente, il dibattito sull’art 18 tiene vivo il cicaleccio che quotidianemente occupa i media italiani: specialisti del depistaggio in tutto 🙄
        scherzi a parte, come scrive, con altre parole, iome: viene attualizzato ciò che è diventato (in parte, aggiungo io) anacronistico. nel 2002, a milano, c’ero pure io e nelle stesse condizioni d’allora ritornerei. oggi, in mezzo, c’è stata una riforma del lavoro che peggio la poteva fare solo dini (ma quel peggio l’aveva già fatto dieci anni prima con quella del sistema previdenziale): assolutamente d’accordo che bisognerebbe cambiar prospettiva, ripartendo dagli ammortizzatori sociali per qualunque contratto (e non solo, già che non tutti i rapporti lavorativi ne hanno la forma). tutele crescenti, invece, non mi convincono proprio: la tutela è tutela. non so, passami il paragone un po’ forzato, ma mi suona come come se avesse più diritto a una tachipirina chi ha la febbre da cinque giorni rispetto a chi ce l’ha da uno solo…

      • Il sistema lavoro in Italia dovrebbe essere rifondato dalle basi, tenendo conto del tasso di disoccupazione, del fatto che questa disoccupazione è in larga parte giovanile e che un accesso a trenta e passa anni al mercato del lavoro genera una serie di storture irrimediabili. L’unico modo per aggirare questa situazione è rendere il mercato del lavoro elastico. Il nostro è stato tipicamente rigido sino ad oggi (per volontà del legislatore e delle parti sociali), ma in questo momento è insostenibile. Estendere gli ammortizzatori sociali sarebbe la soluzione in assoluto più ragionevole, perchè bilancerebbe la perdita di tutele con altre tutele, ed accompagnerebbe il cambiamento. Ma andava fatto vent’anni fa. Adesso, bisogna vedere se ci sono abbastanza fondi in cassa.
        Quanto a wp non sei la prima a segnalarmelo.

      • Sulle ultime righe, faccio ammenda. E già che c’ero ho aggiunto un paio di virgole. Rileggere, non avrebbe prezzo.
        Sul punto due, infatti, ma dove sta il problema (per loro, naturalmente).
        Sulla riflessione in sé, concordo sul fatto che sta venendo meno un’identità di gruppo. Se ne stanno ricreando però altre, in questi tempi di crisi. Più salde, forse. Ma occorre vedere in cosa sfoceranno.
        rispetto invece al punto 1, concordo sulla tutela nel confronto del licenziamento discriminatorio, ma ha senso solo se la tutela viene intesa come tutela economica (esempio, un anno o due di stipendio). Il reintegro finisce, sempre, male. In tanti anni, l’unica discriminazione cui ho assistito è stata quella versus le madri lavoratrici (da cui le famose dimissioni in bianco citate nella letterina). Mai visto licenziamenti operati per razza, religione, orientamenti sessuali. La riforma Fornero è una porcata di cui manco val la pena di parlare. E non solo nei contenuti e nella forma. C’è un errore di fondo, macroscopico, anche rispetto agli scopi che si prefigge. se ci pensi è ben peggio. Ma è quel che accade a lasciar certe cose in mano ad economisti che nella vita han sempre fatto solo accademia.
        Il punto 2 è una cazzata di proporzioni tali che volutamente l’ho esclusa. E’ insultante, non saprei che altro aggiungere

      • sì, la tutela economica piuttosto che il reintegro potrebbe essere un’alternativa, per quanto per molti non sia la stessa cosa: c’è chi, oggi, a un certe età e anche dopo due anni, il lavoro non lo trova neanche a pagare lui il datore. il problema, semmai, è il reintegro lasciato a se stesso: certo che se questo è seguito da mobbing allora è un problema, ma semmai dovrebbe essere penalizzato il mobbing, non impedito il primo.
        sulle discriminazioni: certo, assolutamente prevalente quella nei confronti delle madri; ciò non toglie che, in una paese bislacco come questo che neanche rispetta la costituzione, una legge a tutela dei licenziati per discriminazione non mi par superflua.

  1. Non ne so granché, di art.18 e dintorni, ma da quel poco che ne ho capito, discutendo con chi ne conosce, mi sembra più che altro una bandiera dell’ultima spiaggia, un punto d’onore che una parte della sinistra vorrebbe mantenere, anche se svuotato di significato concreto. Ergo, sono d’accordo con quanto hai scritto.

  2. L’ha ribloggato su Slumberlande ha commentato:
    Oggi la ‘povna si fa da parte, e lascia la parola a Iome. Perché le sue parole sull’articolo 18 provengono da un punto di vista particolare, non scontato, ma soprattutto intelligente – di chi ha occhi per guardare il mondo a viso aperto, orecchie per ascoltarlo, e voglia di cambiare e di cambiarsi, restando in relazione.
    Perché di certe cose bisogna parlare, appunto, con chiarezza, mettendo sul tavolo tutti i punti di vista, e provando a ragionare senza seguire i soliti binari. Il dibattito è, come sempre, benvenuto qua su Slumberland; oppure da lei; oppure da entrambe le parti. Oppure – e sarebbe ancora meglio – in casa propria, sul lavoro, in treno, nei bar, nei circoli; insomma, nella vita vera.

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  4. hai ragione, troppo spesso i sindacati hanno difeso il fancazzismo. e di fronte ai veri nodi non hanno fatto la loro parte. mi dispiace dirlo, ma al momento sono avulsi dal contesto. e come tali inutili, quando non dannosi.

    • Il secondo, a mio avviso, è il loro vero peccato capitale. Questo difendere che non è un difendere. O si reinventano o saranno un anacronismo storico, scavalcati a destra e a sinistra da populismi pericolosissimi.

  5. Mi sono sempre interessato del mondo del lavoro ed ero portato a sostenere la difesa dell’art.18, ( nel 2002 avevo partecipato alla manifestazione di Roma), ma solo con il tuo post ho avuto il lampo di luce che mi ha fatto capire a fondo la questione e questo significa che in questi 12 anni si sono sprecate miliardi di parole sui giornali e nei talk show portando confusione anziché chiarezza, pertanto grazie di cuore per questo bellissimo post.

    • Grazie, sileno. Davvero. Il fatto è che noi si scrive su dei blog per partecipare, per compartire idee, ma, a conti fatti non ci paga nessuno. Giornali e talk show, anche i più liberi, i più liberali, i più perbene, un padrone ce l’hanno sempre. Ciò che fa rabbia, vera, è che stanno condannando il sistema paese ogni giorno che passa. E non esiste una via d’uscita.

    • Grazie, e solidarietà massima. Per tutti e tre i ruoli. Che far lo statale, farlo bene intendo, come te, la povna, pens, la pellona, rose, e molti altri qui sul blog, deve essere una fatica tremenda. Di spirito, prima ancora che di sostanza.

  6. Domani lo ribloggo io. Così diamo continuità. Sono d’accordissimo con te. E sono giorni che vado discutendo di giustizia, di lavoro, di tasse, per arrivare sempre e comunque alla stessa conclusione. Il problema vero è il sistema. Se non rifondiamo il sistema, ricostruendo un senso dello Stato, del rispetto dell’altro, dell’abbandono del micro-vantaggio individuale, non arriveremo da nessuna parte. Conquiste come lo stato sociale ci si stanno sbriciolando tra le dita, e questa è una cosa inaccettabile, specialmente oggi.

    • Grazie Wish. Si il problema è il sistema. andrebbe rifondato. Bisogna vedere se ci possiamo permettere di radere al suolo e ricostruire. Resta, però, l’unica via. Lo stato sociale è la sola conquista su cui non bisogna trattare, invece lo stanno disintegrando ben più e ben peggio dell’art. 18

  7. Ho letto e apprezzato e ti ringrazio. Verissimo che i sindacati negli ultimi (…venti? Trenta?) anni hanno lavorato assai male, e anche prima le loro sciocchezze le hanno fatte. Però non sono abbastanza informata da avere una vera opinione personale. Ho una vasta e variegata esperienza di lavori precari, ma si ferma al 2000 (il precariato della scuola è una bestia un po’ differente, che con gli anni si addolcisce), ma da allora so che le cose sono cambiate in peggio. L’impressione che mi sono fatta per ora è che la lotta per l’articolo 18 sia un residuato dei tempi andati, una specie di specchietto per allodole in nome del quale da destra e da sinistra si azzuffano perché convinti di vivere in un mondo che non esiste più, e che averlo o non averlo non cambi molto, se non per deviare l’attenzione da questioni più importanti.
    Sul fatto che da noi i lavoratori non siano discriminati per l’origine, l’orientamento sessuale e simili… ecco, lì ho qualche dubbio.

    • Le sciocchezze, fino a metà degli anni 70, erano, sospetto, figlie dell’ideologia, ma guidate da una certa qual onestà intellettuale, e da una sincera difesa dei lavoratori. Forse il limite è stata la scarsa lungimiranza. Dopo, ecco, dopo ho qualche dubbio financo sulla buona fede. Erano uno strumento di captazione voti, non uno strumento di difesa dei lavoratori. C’è una differenza tra le due cose non sottile. A mio giudizio ci stanno distraendo per disintegrare quel che resta dello stato sociale su cui si fonda questo paese, senza rendersi conto che gli equilibri sociali in Italia si fonda quasi esclusivamente su quello.
      Sull’ultimo punto, invece, sulla base della mia esperienza (che non è onniscienza e vale quel che vale) la discriminazione di razza, religione, orientamento sessuale emerge più nella definizione del percorso di carriera che non nel merito stretto del licenziamento. Ma posso, ovviamente, sbagliare.

  8. Tra voci stridule ed odiose si sta consumando l’ennesima tragicommedia all’italiana. Tutti si sbracciano e promettono, urlano e si autoproclamano salvatori. Ma poi dopotutto i Sindacati negli ultimi vent’anni ha mostrato il loro vero volto. Tutti i principali esponenti sono approdati in parlamento e poi oggi..nel bel mezzo del caos c’è chi si veste da Pilato e se ne lava le mani. E intanto il nostro presente ed il nostro futuro hanno ormai preso il largo a scapito di tutti. Precari e Non (per quei pochi che sono rimasti!)

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  10. Per leggerti ho spento Ballarò. Laddove un certo Angelino stava dando la colpa ai sindacati di tutto. Che ne hanno eh, ma abbiamo anche una classe imprenditoriale che lèvati. Molto più utile tu a me stasera, a me che ho questo retaggio per cui mi fa paura l’abolizione dell’art.18. Forse perché migliorare o modificare è meglio che abolire. Forse perché certi simboli, dici bene, son duri a morire.

    • Angelino, un altro figlio della DC, come Renzi. Ha l’abilità di disturbarmi più del putto fiorentino, e credo sia tutto dire. Ieri mi ha deluso invero anche Bersani, per ragioni che, con la politica, e col tema in sé, hanno attinenza solo in parte, ma penso che ne scriverò. Così come scriverò della classe imprenditoriale. Che in realtà la lettera aperta alla Camusso faceva parte di un progetto, che comprendeva una lettera aperta pure alla controparte sua (non Renzi, la classe imprenditoriale, nella sua rappresentanza). Dopo ieri sera, ho realizzato che questa non è una relazione a due ma un triangolo, e aggiungerò anche la politica. Non dico che abolire sia indispensabile, migliorare e modificare sarebbe già una strada. Credo che sostituire il reintegro con un adeguato indennizzo (fattispecie peraltro già prevista nell’art. 18 e scarsamente applicata) sarebbe già un enorme passo avanti.

  11. Il livore antisindacale presente in queste righe è certamente comprensibile, sta a significare che questi ultimi vent’anni non sono passati invano, così che appaia oggi naturale contrapporre la solarità del titolo alle miserie (non vuol essere un insulto, diciamo allora: senso comune) del post.
    Sia chiaro che in più occasioni “i sindacati” hanno mostrato le loro vergogne. Infatti non li difendo: intenderei non perdere quella conquista là che si chiama legge 300.
    Inoltre quel che scrivi non è vero, perché se le aziende interessate sono poche, il 56,7 % dei lavoratori è la maggioranza.

    Fai clic per accedere a Articolo-18.pdf

    • Grazie del commento, e grazie per essere fuori dal coro (anche se, un po’, lo è anche RS nel commento appena sopra).
      Vorrei però puntualizzare alcune cose. Il mio non è livore. Ed essendo questo il primo di una serie (di post) ce ne sarà per tutti. O, a ben pensarci anche sì, è livore (nei confronti di tutti, nessuno escluso, per aver anteposto, sempre, i loro meschini interessi al bene comune).
      Secondariamente, la Legge 300/70, comunemente definita Statuto dei Lavoratori, si compone di 41 articoli. E regolamenta moltissimi aspetti della vita lavorativa. Dalla libertà di opinione, alla sicurezza sul lavoro e al diritto alla salute, dall’utilizzo di personale e strumenti di controllo, e ben 2 titoli sono dedicati alla libertà di attività sindacale. L’art. 18 ne rappresenta pertanto solo una parte (poi è legittimo farne un baluardo, ma è legittimo anche considerarlo superato). Le imprese al di sotto dei 15 dipendenti non sono esentate dal senso ultimo dell’art. 18. Se un licenziamento avviene per causa ritenuta ingiusta o discriminatoria, non si configura la fattispecie del reintegro, ma solo quella dell’indennizzo. Questa fattispecie potrebbe applicarsi tranquillamente anche alle imprese al di sopra dei 15 dipendenti. Mi si oppone talvolta l’argomento che un indennizzo non equivale al trovare un altro lavoro. Pur vero. Ma allora, per un criterio del tutto equitativo, il sindacato non dovrebbe battersi affinchè il reintegro venga esteso alle imprese al di sotto dei quindici dipendenti? Questi chi sono? Figli di nessuno? O forse non rappresentano un bacino d’utenza altrettanto allettante?
      In ultimo, il rapporto della CGIA di Mestre sarà senz’altro attendibile, ma come tutte le statistiche, è strettamente connesso alla base prescelta. Vale a dire la tipologia di contratto. Ne restano forzosamente escluse tutte le ‘finte’ partite IVA, cioè tutti quei povericristi che, se vogliono lavorare emettono regolar fattura. Come individuarli, in un mndo di furbi? Eh, insomma, i poveretti che hanno un monocliente, un reddito da call center e un’età tra i 25 e i 40 son buoni indiziati. Poi mancano tutti coloro che lavorano con contratti atipici. E in ultimo, moltissimi dipendenti del segmento edilizia ed agricoltura, dove si perpetrano i peggiori abusi.

  12. L’ha ribloggato su Essere Interie ha commentato:
    Solita policy, rebloggo e tra un po’ tolgo. Invito a leggere questa lettera aperta di iomemestessa, perché a me a fatto riflettere sul modo in cui certe soluzioni, se non evolvono, invecchiano, a meno che, come credo io, non si riesca a curarle, renderle elastiche senza però farle dimagrire troppo… insomma, dateci un’occhiata, e visto che non so se la Sig.ra Camusso legga il blog di iomemestessa, né il mio, né i Discutibili, invito anche voi a ribloggarla, magari non oggi, magari domani, e nei prossimi giorni, per tenerla in giro di più.

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  14. missiva incisiva, pulita, leale, sincera e INCONFUTABILE

    l’articolo 18 è semplicemente un punto di riferimento che stabilirà vincitori e vinti quando giungerà a termine questo indecente scontro di poteri in seno alla sinistra

    ho fatto liceo e università nella rovente Torino degli anni ’70, come (quasi) tutti i miei concittadini, conosco molto bene l’universo sindacale FIAT, dalla caduta nella famosa marcia dei 40.000, l’azienda Agnelli ha progressivamente ridotto le maestranze, tra diretti e indotto si è passati da 300.000 a 12.000 dipendenti residenti in Torino e provincia. Cosa dovuta ad accordi scellerati tra “feroce” (così i Torinesi chiamano la fiat) e sindacati. Assunzioni di massa in cambio di tranquillità, decine di migliaia di esuberi regolarmente sbattuti in cassa integrazione a spese dei contribuenti ma le tessere CGIL e FIOM aumentavano. Quando qualcuno si è rotto i coglioni ha chiamato Cesare Romiti ed è iniziato il ripulisti.

    Che si chiami Camusso, Epifani o Cofferati o altro, il principale sindacato Italiano ha una pretesa assurda, dettare l’agenda delle aziende e porre veti sulle linee future, il tutto senza rischiare niente di tasca propria. Gli imprenditori investono per guadagnare, non sono una opera pia né tocca a loro accollarsi oneri che spettano allo Stato.

    Cofferati prende cinque pensioni con all’attivo TRE giorni di lavoro produttivo, il marcio nasce dalla testa, il sindacato dovrebbe essere una organizzazione preposta a difendere gli interessi di una categoria o più di lavoratori, in realtà trattasi di un partito politico, con tutti gli annessi e connessi, privilegi, amici degli amici e cumparielli inclusi

    L’imprenditore non è un ladro né una vacca da mungere fino ad anoressia raggiunta, l’imprenditore rischia di suo e, quando va bene, divide il reddito, grazie ai sindacati in Italia è più facile divorziare che far fuori un dipendente lavativo.

    Ti saluto citandoti due episodi recenti, le maestre d’asilo che picchiavano i bambini sono state sospese, NON licenziate, degli autisti pizzicati a guidare mentre smanettavano con lo smart mettendo a rischio l’incolumità dei passeggeri e dei passanti, NESSUNO è stato licenziato, questo grazie ai sindacati e ai giudici pronti a reintegrare. Qui non possono licenziarti nemmeno se fai una strage, è molto probabile che addirittura Schettino venga reintegrato qualora gli fossero concesse attenuanti.

    TADS

      • facciamo chiarezza, io per imprenditori intendo quelli che si fanno il culo quadrato per tirare su un’aziendina con un numero limitato di dipendenti, quelli come Agnelli, De Benedetti, Tronchetti Provera et simila li definisco con un termine diverso.
        Schettino la richiesta di reintegro l’ha già fatta da un pezzo, altro che boutade, il giudice sta solo aspettando la prima sentenza.

  15. L’ha ribloggato su Serbatoio di pensieri occasionalie ha commentato:
    Un’analisi estremamente lucida. Con elementi di contesto ineludibili. Pragmatica, non polemica. E soprattutto, frutto di vita vissuta. Cosa che non si può dire di molte persone che aprono la bocca e le danno fiato. Grazie molte ioemestessa, per uno spunto che deve, DEVE essere condiviso e propagato. Intesomale ha proposto un reblog al giorno, oggi è il mio turno, lasciate se volete traccia sul blog di iomeemestessa e rebloggate. Questo è uno di quei post che DEVONO essere diffusi, questo è uno di quei post che mi auguro diventino virali. Perché quello che c’è scritto riguarda tutti noi. NESSUNO ESCLUSO.

  16. Pingback: E a proposito di scippi (1) | BEATI COLORO CHE TEMONO GLI SCIPPI

  17. Che aggiungere a ciò che è stato ampiamente commentato?

    Come diceva Tads in realtà nessuno viene licenziato, non c’è nessun buon esempio: esattamente l’opposto.

    Parlano di aria fritta.
    E comunque il Paese è fermo. E questi continuano a fare solo gossip per giustificare le loro incompetenze.

    Complimenti per il post
    ciao
    .marta

  18. lavoro in un grande gruppo. certo, ho la fortuna di avere un contratto a tempo indeterminato (da tanto). fino a due anni fa lavoravo in una delle aziende del gruppo, dalla quale sono stata spostata, perché il mio posto venisse dato ad un amico di un capoccia, per una questione di favori. senza l’art. 18 sarei stata semplicemente lasciata a casa. e giuro che non sono una fancazzista.
    è che semplicemente mi sfugge come tutelare tutti di meno possa essere un passo avanti, al di là del cattivo lavoro svolto dai sindacati.

    • E’ vero, come è vero che se ci fossero degli ammortizzatori sociali migliori, un mercato del lavoro meno rigido, e soprattutto, se la tua azienda per licenziarti dovesse pagarti un paio d’anni di stipendio come indennizzo, avresti forse potuto ricollocarti altrove, con maggior soddisfazione tua. Per inciso, questa è tutta teoria, e son ben lieta che qualcuno abbia potuto approfittare positivamente dell’articolo 18, che, nel tuo caso, è qual che conta

      • 🙂
        il fatto è che ho avuto talmente tanta fortuna che sono stata ricollocata meglio all’interno del gruppo. è che mi colpisce come il fatto (a mio parere ingiusto) che le tutele non siano uguali per tutti, porti i meno tutelati a desiderare che quelli più tutelati lo siano di meno. non dovrebbe essere l’inverso? non dovrebbe essere “più tutele per tutti” invece che “meno tutele per tutti”?

    • Anche io lavoro in un grande gruppo. E quando siamo stati acquisiti da un’altra azienda 280 persone sono state messe in CIGS. E poi in mobilità. E poi licenziate. E non c’è art. 18 che tenga. Senza l’articolo 18 tu saresti stata spostata e non licenziata per la semplice ragione che non sei una fancazzista. E’ questo il tema.

      • purtroppo i truschini si fanno sempre e questo è orribile. ma io non credo che si vogliano licenziare solo i fancazzisti (lungi da me il difenderli come genere: ci sono certi colleghi che fucilerei, altro che licenziamento). si vogliono licenziare anche le persone scomode oppure semplicemente, diventa molto facile ricattare i dipendenti per qualsiasi capriccio. ho visto anche un collega interinale tempo fa, portare il cappotto in aeroporto al suo capo che se l’era scordato. se fosse stato assunto, col cavolo che glielo portava.

  19. E’ bello vedere tanta partecipazione a un post serio, intelligente e molto ben scritto; forse non è propriamente un dibattito in quanto mi sembra che con qualche sfumatura, bene o male siamo tutti allineati al tuo pensiero (e mi verrebbe da aggiungere “come potrebbe essere altrimenti?”).
    Però mi chiedo, se il pensiero generale (di cui, sia ben chiaro, qui è rappresentata solo una minimissima parte) è pressoché unanime, allora perché i Sindacati hanno ancora tanto potere e lo usano tanto male? Per dirne solo una, così al volo, compito (anche) dei Sindacati non dovrebbe essere quello di tutelare i lavoratori evitando, per esempio, che l’Italia continui ad essere il Paese con il maggior numero di morti bianche in Europa?

  20. Un’analisi lucida che mi lascia senza parole e piena di disgusto. Massima solidarietà da una con contratto a tempo indeterminato, che ha restituito la tessera sindacale già molti anni fa.

  21. Arrivo un po’ in ritardo su questo bel post, ma ti faccio comunque i complimenti.
    Vivo direttamente (sic) il dibattito del PD sull’art.18 e continuo a stupirmi di quanto alcuni siano legati a vecchie logiche (baluardi, bandiere) ormai svuotati di senso… E se ne rendono pure conto! Un amico ieri diceva “lasciatecelo, tanto si applica solo a un 3% di lavoratori…”. Demenziale.

    Peraltro, giuridicamente azzardo pure che i licenziamenti palesemente discriminatori potrebbero godere del reintegro già da codice civile (ma azzardo, dovrei studiarla).

    Infine, come ben dici, non si tratta di essere pasdaran pro o contro, né di supportare Renzi (che pure, diciamocelo, tanti che ora protestano devono aver votato alle primarie!), ma di adeguarsi a un nuovo contesto…

    • Grazie per il commento. E per i complimenti. Il PD sta muovendosi in maniera deludente. Più deludente di quanto si potesse prevedere. E ciò è triste. Soprattutto perchè intravedo una vocazione al suicidio imbarazzante. e lo dico da elettrice, che è anche peggio (elettrice che, Renzi, alle primarie, non lo votò)

      • Il problema fondamentale nel PD, a parer mio (che Renzi non l’ho votato) è che tutti dicono “discutiamo, ma poi si va avanti uniti”. E non si discute mai veramente. E si pretende di marciare compatti sulle idee imposte al momento… (È andata così con Marini, col governo Renzi, con Letta, ora con l’art.18…). Ovvio che poi ognuno si senta libero di dire la sua e contraddire quanto “discusso e concordato”!

  22. É l’antistorica difesa dei diritti acquisiti, la pretesa monolitica e preistorica di credere in un mondo immutabile, l’idea tolemaica che il mondo ruoti attorno al sindacato. E l’errore sistemico di considerare lavoratori soltanto i dipendenti. Come se gli altri stessero in vacanza.

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