Over the rainbow

Non sarà la migliore delle leggi, ma è una buona legge, come dimostrano le scomposte reazioni degli oppositori.

Ma la vera domanda, a legge approvata, é la seguente: una volta che sia ratificata, come é assolutamente ovvio avvenga, dal Presidente della Repubblica, sarà automatica la decadenza di Marchini da candidato a sindaco di Roma?

Perché a quel (poco) che mi consta, come può essere (o voler essere) rappresentante dello Stati uno che, in campagna elettorale, dichiara apertamente che non rispetterà le leggi di quello stesso Stato? Pertanto si rientra nei casi di automatica decadenza dall’incarico.

E come necessario corollario, quanto dovremo attendere per l’opportuna denuncia per istigazione di reato per coloro, da Salvini a Giovanardi, che stanno invocando l’obiezione di coscienza per i sindaci.

Nella loro sterminata ignoranza istituzionale qualcuno li avverta che ai sindaci non è concessa l’obiezione di coscienza. Nel loro ruolo di pubblici ufficiali sono tenuti a rispettare (e far rispettare) le leggi della Repubblica.

L’alternativa sono le dimissioni. Che naturalmente nessuno si sogna di dare.

 

Accadde Oggi – 09 maggio 1978 – Morte di Aldo Moro

Cinquantacinque giorni dopo il sequestro, avvenuto il 16 marzo dello stesso anno, in Via Caetani, a metà strada tra la sede del PCI, in Via delle Botteghe Oscure, e quella della DC, in Piazza del Gesù, viene rinvenuto, nel bagagliaio di una R4 rossa il cadavere di Aldo Moro.

Il sequestro è ad opera delle Brigate Rosse.

Quelli che preludono al sequestro sono giorni difficili. La crisi petrolifera ha messo in ginocchio l’economia del Paese, le Brigate Rosse hanno raggiunto l’apice del loro potenziale eversivo e di terrore, scandali continui scuotono i palazzi del potere. Più di ogni altra cosa, è evidente che la classe politica dominante non è in alcun modo in grado di intercettare il malcontento, il bisogno di cambiamento, l’evoluzione dei costumi.

Pochi giorni prima, la posizione dello stesso Moro all’interno dello scandalo Lockheed è stata archiviata dalla Corte Costituzionale. Era sospettato di essere l’Antelope Cobbler, e, nonostante l’archiviazione, i sospetti, almeno a livello di opinione pubblica, restano.

Il Presidente democristiano viene prelevato in Via Fani intorno alle 9.00, con un’azione che ricorda quella di un commando. Della scorta che lo accompagna, nessuno sopravvive. E probabilmente non è un caso, visto che proprio i concitati momenti del sequestro resteranno tra i (molti) misteri di questa vicenda.

Moro si stava recando a Montecitorio, dove, di lì a poco, avrebbe dovuto presentarsi, per incassare la fiducia, un monocolore democristiano presieduto da Giulio Andreotti, che succedeva a se stesso.

Di fronte agli eventi, il governo incasserà la fiducia il giorno successivo. Per la prima volta, eccezion fatta per il primo periodo del dopoguerra, e vista la gravità dei fatti, il PCI farà parte della maggioranza parlamentare che sostiene il gioverno, sebbene senza propri rappresentanti all’interno dello stesso.

Nasce immediatamente un’unità di crisi, diretta dal Ministro degli Interni, Francesco Cossiga.

In quei 55 giorni accade di tutto. L’unica certezza è che l’ostaggio verrà ritrovato, ma cadavere, nel bagagliaio della R4 rossa.

Le ipotesi si sprecano. Alcune più fantasiose, altre meno. Tutte fondate sulla dietrologia, che d’altronde viene molto incoraggiata dalla perenne mancanza di chiarezza delle vicende italiane.

Dietro il sequestro e la morte di Moro si agitano mille fantasmi. I servizi segreti, la loggia massonica P2, gli amici democristiani, in primis Andreotti, gli americani.

Non mancò nulla, neppure il momento esoterico, con la seduta spiritica (cui partecipò Romano Prodi) cui seguì lo scandagliamento del lago della Duchessa.

Non si fanno qui ipotesi, ma delle molte (troppe) che sono state elaborate negli anni, restano alcuni dati di fatto incontrovertibili.

Mino Pecorelli, che lanciò pesanti accuse su un intreccio che si fondava sui rapporti tra Andreotti e P2, morì meno di un anno dopo, e certo non di morte naturale.

Il generale Dalla Chiesa, che Pecorelli sostiene più o meno velatamente essere a conoscenza della prigione di Moro, e che verrebbe impedito nel liberarlo dal già citato Andreotti, verrà ucciso anch’egli, in un attentato, nel 1982.

Per l’omicidio Pecorelli, quale mandante, verrà processato e assolto (in Cassazione, comunque) Giulio Andreotti. D’altra parte, Pecorelli per il suo modo di condurre e presentare le inchieste giornalistiche, era talmente contiguo al concetto di ricatto (e se ne dibatterà a lungo anche nel corso del processo Andreotti) che diventa difficile stabilire quanti e quali nemici avesse.

E pure Dalla Chiesa, tra terrorismo, antimafia e quant’altro, non aveva probabilmente schiere di amici.

Detto ciò del quadrilatero Andreotti-Gelli-Pecorelli-Dalla Chiesa, due son morti quasi centenari nel loro letto, e due prematuramente di morte non accidentale. E pure questo è un dato di fatto.

Le restanti ipotesi, che coinvolgono servizi segreti e potenze straniere, non sono di per sé false o vere, sono però ancora più arzigogolate e difficili da provare. E soprattutto, con tutto il rispetto per i morti, sopravvalutano il ruolo di Moro all’interno dela politica italiana.

La stessa strategia della fermezza era, oggetticamente, l’unica strada percorribile, a meno di far arrendere le istituzioni al brigatismo eversivo senza possibilità di ritorno. Che poi, all’interno della DC soprattutto, vi fossero personaggi che avevano intravisto nella strategia della fermezza la possibilità di liberarsi di un compagno di partito scomodo, non è da escludere. D’altronde, l’establishment DC, che si trincerava dietro l’amicizia, è sempre stato piuttosto feroce.

Il caso Moro ciclicamente torna d’attualità. In parte spinto dalla famiglia, che ha sempre cercato la verità percorrendo, a volte, strade piuttosto fantasiose. In parte fomentato da chi, e penso soprattutto a Cossiga, non aveva mai fatto veramente ‘pace’ con quei giorni e lanciava accuse senza mai apportare prove.

Le uniche certezze sono che Moro venne sequestrato in via Fani, il 16 marzo del 1978, e ritrovato cadavere nel bagagliaio di una R4 rossa cinquantacinque giorni più.

E per molti di noi, nati nella metà degli anni ’70, rappresenta le dirette dei tg di quei giorni rappresentano il primo ricordo televisivo consapevole.

 

 

25 aprile

“C’era la parola «libertà»! Una parola incommensurabile come il cielo, irraggiungibile da mano umana come un astro. Eppure creata dalla brama degli uomini, che hanno sempre e sempre di nuovo cercato di afferrarla, e intrisa del sangue vermiglio di milioni di morti.”

Joseph Roth

 

“Nessuno ha amore più grande di colui che sa rispettare la libertà dell’altro.”

Simone Weil

 

“Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire.”

George Orwell

Per chi non sa, per chi dimentica, per chi crede che in fondo non abbia così importanza. Fino a quando si accorgono che sarebbe stato utile sapere, giusto ricordare, e che di importanza ne aveva, parecchia. Solo che lo saprà quando sarà, irrimediabilmente, troppo tardi.

Buon 25 aprile.

Non maleditemi, non serve a niente tanto all’inferno ci sarò già

E’ morto Licio Gelli. Lo chiamavano il Venerando. Ed è morto alla, questa sì veneranda, età di 96 anni.

E’ morto Licio Gelli, portando con sé molti segreti e le risposte a quesi tutti i misteri d’Italia.

In ogni pagina tragica della Repubblica, il nome di Gelli, a qualche titolo compare.

Dal golpe Borghese (mancato) al caso Moro, dall’assassinio di Mino Pecorelli a Michele Sindona. Passando per il crac del Banco Ambrosiano e la strage di Bologna.

Massone, alla venerabile Loggia P2, dove P2 sta per Propaganda2, una loggia che da sempre raccoglie le adesioni riservate di personaggi pubblici. Nel 1975 la massoneria ufficiale ne sancisce lo scioglimento e la Loggia prenderà una deriva sua propria sempre più proiettata verso l’illegalità e il sovvertimento della democrazia.

Quando, a Villa Wanda, vennero scoperti gli elenchi degli affiliati, tra i 962 iscritti figuravano 44 parlamentari, 2 ministri del governo in quel momento in carica (Enrico Manca PSI e Franco Foschi DC), un segretario di partito (Pietro Longo, PSDI), 12 generali dei Carabinieri, 5 generali della Guardia di Finanza, 22 generali dell’esercito italiano, 4 dell’aeronautica militare, 8 ammiragli, vari magistrati e funzionari pubblici, i direttori e molti funzionari dei vari servizi segreti, diversi giornalisti ed imprenditori, il direttore e l’editore del Corriere della Sera (Franco Di Bella e Angelo Rizzoli) in quel momento il più letto ed influente in Italia.

La tessera n. 1816 era intestata all’allora ignoto ai più, Silvio Berlusconi.

La P2 aveva un suo proprio programma, chiamato Piano di rinascita democratica, di cui, di seguito, si possono trovare i punti principali

La nascita di due partiti: uno di sinistra (a unire le posizioni di PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di sinistra), e l’altro destra (con rappresentata la destra DC , liberali e Destra Nazionale).”

Controllo dei media. Attraverso la concentrazione e il controllo dei quotidiani e la liberalizzazione delle emittenti televisive ; abolizione del monopolio RAI e privatizzazione della stessa.

Progetto Bicamerale: attraverso la ripartizione di competenze fra le due Camere (funzione politica alla Camera e funzione economica al Senato)”.

Riforma della magistratura: separazione delle carriere tra P.M. e magistrato giudicante, responsabilità del CSM nei confronti del parlamento, il tutto attraverso la modifica della Costituzione

Riduzione del numero dei parlamentari

Abolizione delle province

Abolizione della validità legale dei titoli di studio.

Gelli Licio da Arezzo, di anni 96, franchista, fascista, repubblichino, partigiano bianco, imprenditore ramo materassi, gran maestro d’Italia, è morto realizzando i suoi obiettivi.

Una prece, per tutti noi, per la legalità, per la Repubblica Italiana

Economics for dummies/4

Se la Grecia uscirà o meno dall’Euro, con tutto quel che ne consegue, lo scopriremo alla fine di questa settimana.

Detto ciò, ed indipendentemente da quel che accadrà quando scorreranno i titoli di cosa, alcune considerazioni sono d’obbligo.

Anzitutto, la Grecia dall’indipendenza (1830) ad oggi è andata in default 7 volte. Troppe, per essere un caso. In realtà è il risultato di comportamenti reiterati nel tempo e mai modificato, oltre che di debolezze strutturali del sistema Paese.

La Grecia è uno dei Paesi più corrotti d’Europa, per certo il più corrotto di quello che era un tempo il ‘blocco occidentale’, e mi riferisco solo ed esclusivamente della pubblica amministrazione. Anche nel privato la corruzione è regola. E non per sentito dire. Chiunque si occupi di export, piuttosto che occuparsi del mercato greco si farebbe volentieri investire da un TIR tale è il fetore (e nonostante il nostro essere italiani, peraltro).

Il 60% della popolazione attiva è impiegata nella pubblica amministrazione, che, di fatto, è l’unica entità produttiva dello Stato. Non occorre essere fini economisti per comprendere quanto questo incida sulla competitività del Paese.

Il comparto produttivo propriamente detto è insignificante, e si riduce sostanzialmente ai notissimi armatori che lo Stato ellenico da sempre coccola senza che questo porti alcun beneficio. Le tasse, quelle poche che pagano, le pagano all’estero, dove, con l’aiuto di valentissimi consulenti esportano i loro ingenti capitali. Del tutto legalmente, ça va sans dire.

Non che l’Europa sia stata inappuntabile nella vicenda. Perchè resta da capire con che criterio sia stato permesso alla Grecia di allargare la propria base debitoria sino ai livelli attuali. Fermo restando che quello è un Paese che avrebbe dovuto uscire dall’Euro molto prima e, peraltro, neppure entrarci.

Se il farlo entrare faceva parte di una valutazione politico/economica che valicava i (ristretti) margini di manovra dei trattati, ha poco senso lamentarsene ora. Anche se si può affermare con sufficiente convinzione che senza la devastante crisi economica (globale) di questi ultimi otto anni, il problema Grecia sarebbe rimasto ben occultato sotto il tappeto ancora per molto tempo.

Ma l’Europa, è, poi, così iniqua?

Tsipras propone

– una tassa del 12% per quelle imprese che realizzano utili superiori ai 500.000 euro l’anno. Cioè gli armatori di cui sopra che pagano (pur legalmente) le tasse all’estero. Possiamo ridere, ridiamo.

– di aumentare la corporate tax dal 26 al 29% per quelle imprese che realizzano utili in Grecia. A parte che vale per pagare tasse sugli utili occorre produrli (gli utili) vale la pena menzionare che in Italia la pressione fiscale sugli utili di impresa è al 65,8% (con la Francia al 64,7 e la Spagna al 58,6). e comunque ribadisco, in un sistema produttivo come quello greco è una misura inutile indipentemente dall’aliquota.

– di mantenere gli sconti sull’IVA nelle Isole (sull’aliquota del 23% uno sconto del 30%). Peccato che la maggior parte degli scambi ivati li generi il turismo, fenomeno prettamente isolano.

– Si rende disponibile a rivedere l’età pensionabile, elevandolo a 67 anni a partire dal 2022 (inzialmente dal 2025) e a 62 per chi ha 40 anni di contributi. In Italia uomini e donne andranno in pensione (nel privato) a 66 anni e 7 mesi già dal 2018, e potranno chiedere l’anticipo laddove abbiano maturato 42 anni di contribuzione. Questo tipo di impostazione è peraltro condivisa dalla maggior parte dei Paesi europei. Non è un abuso nei confronti del popolo greco, ma un mero dato di fatto che accomuna i greci agli italiani, agli spagnoli, ai tedeschi ed agli olandesi (per dirne alcuni). I danesi, peraltro, se la passano peggio e gli tocca lavorare un anno di più.

Soprattutto rifiuta:

– i tagli alla difesa (ne accetta per 200 mln e non per i prescritti 40 milioni)

– ma soprattutto (sembra una fesseria, ma è altamente significativo)  accetta di di riformare le regole per le licenze per gli investitori, ma non di farlo sotto la supervisione della Banca Mondiale. E qui torniamo, se volete, alla piaga della corruzione. Chi controlla il controllore? Nessuno. E perchè tanta acrimonia nei confronti del controllore? Ah, saperlo.

Confondere la situazione greca con quella italiana è un errore. La posizione italiana nasce più sfumata, e si origina, soprattutto, dalla cronica incapacità di riformarsi che ci affligge da sempre che non dalla sua incapacità di onorare le scadenze. Paradossalmente, pur nelle molte difficoltà, siamo stati gli unici, tra i Paesi a rischio, a non attingere a fondi di emergenza, e a continuare a pagare le nostre quote come da accordi. E pure a rimborsare le quote di interessi sul debito pubblico. certo non ce l’avremmo fatta senza la BCE, potrebbe sostenere qualcuno. Ma d’altronde la BCE, quando giocò pesante col nostro spread per levarsi Silvio B. dai coglioni, si riprese tutto e pure con gli interessi.

Il lavoro sporco della trojka in Italia lo fece Monti con l’avallo di Napolitano. Una trojka travestita, perchè l’Italia ha troppo peso per poterla commissariare come una Grecia.

Il nostro vero limite, in ogni caso, è l’esserci dotati (ed è colpa nostra, non solo loro) di una classe politica tanto imbecille quanto corrotta.

In questo, però, i Greci sono stati assai ben più fessi di noi, e dopo essersi affidati per anni alla famiglia Papandreu (gente che ai nostri corrotti faceva una pippa, per dire) si è fatta prendere per il culo dalle idee, dalla bella presenza, dallo stile giovane e dai proclami di Tsipras e Varoufakis. Che non si capisce se sono imbecilli, criminali o ambo le cose.

Hanno condotto la trattativa che peggio non si poteva.

Durante la trattativa non hanno mai dato la sensazione di lavorare per un accordo, animati dalla (falsa) convinzione che l’Europa fosse terrorizzata dal Grexit. E qui hanno dimostrato la loro pochezza. L’Europa era terrorizzata dall’uscita della Grecia dall’Euro nel 2012. Mentre la crisi picchiava duro. Mentre Italia e Spagna traballavano pesantemente. Soprattutto mentre non esistevano ancora strategie di uscita.

Ma ora? Ora la BCE ha preso le sue contromisure. Il crollo dell’Euro ha dato nuova spinta all’export. L’economia in Spagna ed in Italia si è riavviata (per quanto stentatamente), ma soprattutto sono stati iniettati nelle banche quattrini sufficienti ad evitare il rischio contagio.

Li ricordate tutti quei fondi che venivano iniettati nelle banche per far ripartire il credito alle imprese? E che invece alle imprese non sono mai arrivati? Ecco, il sosetto che quei fondi servissero a depurare le banche dai titoli tossici del debito greco e a preparare l’uscita dei Greci dall’euro è fortissimo.

E ora, l’ineffabile duo, Tsipras e Varoufakis, che ha giocato la propria partita sulla pelle dei Greci ha spostato la responsabilità della scelta sui greci stessi, in nome di un’idea di democrazia che non condivido e così riassumibile. ‘Tu mi hai delegato a trattare. Io non sono riuscito a portare a termine la trattativa. Ora decidi tu, popolo’ Che sarebbe anche un formato interessante di partecipazione diretta se:

a. tu non mi facessi decidere in un termine brevissimo, mentre i bancomat mi erogano 60 Euro al giorno, e il Paese si muove in uno spazio sospeso tra limbo e panico.

b. la coerenza sia una bella cosa, ma non necessariamente un valore. Quando guidi un Paese anche la capacità di correggere in corsa il tiro ha una valenza. Soprattutto se sei in grado di argomentare a chi ti ha votato la ragione

c. un governo lo si elegge per assumersi delle responsabilità, fare il referendum era un’idea lodevole, ma tre mesi fa. Che a febbraio, si era già capito l’andazzo.

Si aggiunga che, in questi mesi, mai hanno dato l’idea di cercare un rilancio della Grecia, ma solo di ambire a nuovi fondi per tirare a campare. Peraltro con un piglio da bulletti poco adatto alle circostanze.

Come finirà lo diranno le cronache e lo racconteranno un giorno i libri di storia. A noi non resta, in questi giorni d’estate che assistere sconfortati alla sconfitta dell’ideale europeo in senso più ampio. Un’ideale europeo, però, che è stato tradito da tutti, dall’Eurogruppo e dalla BCE, ossessionati dai bilanci e dimentichi delle persone. E dalla Grecia, che mai come in questi giorni è parsa interessata solo a prendere e mai a dare.

Aggiungo solo che le richieste finali dell’eurogruppo, quelle commentate sopra non sono né crudeli né inique ma sono applicate dalla maggior parte dei Paesi europei inclusi quelli dell’ex-blocco dell’est. Smettiamola quindi con la litania dei tedeschi cattivi. Che loro, le loro riforme, se le sono fatte da soli ed obtorto collo dieci anni fa per pagare i costi della riunificazione. E qualche risultato, quelle riforme, lo hanno apportato.

Io invece sono stato in piedi tutta notte per trovare ad una ad una le mie risposte esatte

Esco dalla caverna per un breve aggiornamento, ma certe uscite sono troppo per tacere.

La Bonino ci offre una buona notizia, comunicando, con la trasparenza che le è propria, che il cancro che la affligge è in remissione completa.

E quella mente sublime che va sotto il nome di Roberto Formigoni, lo stesso figuro che indossa camicie discutibili e che si è prodotto in una scena madre tra l’imbarazzante e il bisimevole in un gate a Fiumicino ier l’altro, se ne esce con il seguente tweet:

Roberto Formigoni ‏@r_formigoni  

Emma #Bonino è guarita ‘sparita ogni traccia di cancro’. Che ne dite, voi che vi proclamate atei, è stata la preghiera di Papa Francesco?

E’ stata la medicina, la ricerca, la chemioterapia, le cure, se vogliamo pure una discreta dose di culo (che le auguriamo continui ad accompagnarla) che nella vita è essenziale.

Resta il fatto che il tweet di Formigoni sconcerta chi non crede (per la sua immane imbecillità), ma dovrebbe offendere ed indignare soprattutto chi crede.

Perchè, detta così, fa pensare che il Padreterno e il suo rappresentante terreno se ne sbattano miseramente delle sofferenze di milioni di cattolici (ammettendo che siano entrambi così meschini da non pregare per la salute di tutti, indipendentemente da sesso, razza e religione, cosa che peraltro qualora non fatta contravverrebbe pure agli insegnamenti evangelici).

Dopo il liceo che potevo far

Dai, forza, con un po’ di fortuna anche le leggi delega che contengono la riforma che ci dovrà portare la ‘buona scuola’ fra poco saranno approvate.

Non siete contenti? Lo sapevo, i soliti, squallidi, disfattisti.

Come non si possa amare una riforma così, non riesco a comprenderlo.

Intanto, spariranno i supplenti. Come potremmo, noi, genitori attenti ed amorevoli, non esserne felici? Finalmente i presidi avranno a disposizione un organico più ampio e ne disporranno come ritengono più acconcio per elevare le conoscenze e competenze dei nostri pargoli. Come dice Matteo nostro, unico ed illuminato vate, ‘il preside come un allenatore’. A parte che, per restare nella metafora, nel mondo c’è Allegri ma anche Inzaghi, e non è propriamente la stessa cosa, cosa vieta che ad essere favorito non sia il più meritevole ma il più leccaculo?

E, finalmente gli insegnanti saranno valutati. Per gli scatti di carriera l’anzianità varrà il 30% ed il restante 70% sarà dato dalla valutazione del preside. A sua volta valutato, anche se non si capisce bene da chi. A parte le considerazioni poc’anzi espresse su leccaculismo e capacità oggettive, che tipo di omogeneità può offrire una valutazione siffatta? Qui stiamo parlando di criteri per la selezione, la formazione e lo sviluppo carriera che le aziende private hanno archiviato fin dagli anni ottanta. Una roba già decrepita ancor prima di vagire.

Più arte, lingue, musica ed educazione motoria, fin dalla primaria. Ottimo. In effetti abbiamo risultati talmente eccellenti in matematica e scienze che possiamo anche pemetterci di penalizzarle un po’.

Incentivi fiscali alle scuole paritarie private. Detrazioni fino al 65%, school bonus, 5permille. Democrazia? Fino ad un certo punto. La scuola pubblica, finanziata coi soldi di tutti, è un diritto. La scuola paritaria privata, nella stragrande maggioranza dei casi una scelta. O abito in un luogo dove non ho alternative pubbliche (e allora quanto sopra è giusto e pure coerente, perchè alla fine la paritaria privata sta erogando anche a me, Stato, un servizio) oppure è una scelta. Pure in un buco come piccolacittà, la sola scuola dell’infanzia e primaria offre almeno quattro o cinque alternative. Possibile mai che non te ne garbi alcuna? E soprattutto, se non ti garba è colpa dello stato o sei tu che hai aspettative diverse. E in quel caso è ingiusto chiederti di pagarle a tue spese? Quando ho scelto di utilizzare una baby sitter in luogo del nido, l’ho fatto pensando alla bambina certo, ma anche, e soprattutto, alla nostra complessa organizzazione lavorativa e familiare. L’abbiamo messa in regola, non abbiamo detratto praticamente nulla, abbiamo versato stipendio e contributi e ci siamo astenuti dal rompere i coglioni al mondo. Abbiamo fatto un rapporto costi benefici ed operato una scelta. Avevamo a disposizione anche un’altra opzione, offerta dallo Stato, ma non era adatta a noi. Punto.

Resta che qui, ogni governo si pregia di elargirci una riforma se possibile più patetica della precedente.

E a chi scrive torna in mente Gelli Licio, da Arezzo. L’istruzione è un problema. E va risolto.

Non mi basta la forza degli occhi per voltarmi e non guardare

Leggo questo (bel) post di gaberricci, e una sinapsi parte all’improvviso.

Lo sdegno per De Gennaro alla presidenza di Finmeccanica è condivisibile, ovviamente. L’accostamento al principio di Peter (promuovere qualcuno fino al suo massimo grado di incompetenza), meno.

A De Gennaro andrebbe, forse, più propriamente attribuito il ben più antico principio promoveatur ut amoveatur (promuovi al fine di rimuovere).

Il principio di Peter è da associarsi a mere dinamiche organizzative. In sostanza riflette il limite delle promozioni meritocratiche all’interno delle organizzazioni. Hai fatto bene nell’incarico a? Ti promuovo all’incarico b. E via dicendo ma prima o poi, nell’alfabeto degli incarichi, ci si arena per oggettica incompetenza.

Promuovere per rimuovere reca in sé ben altri scopi. Diciamo che organizzativamente la possiamo considerare una forma per rimuovere e liberare un posto. Oppure per liberarsi di un incapace promuovendolo ad altro incarico possibilmente privo di significato.

E potrebbe essere già più il nostro caso.

Che Renzi ci dica che ‘De Gennaro come presidente di Finmeccanica ha tutti i titoli e le qualità per governare’ faccia il favore, ce le elenchi.

Laureato in Giurisprudenza, lunga carriera in Polizia, De Gennaro è stato dal 2000 al 2007, incarico per cui era, oggettivamente, competente (però poi ne parliamo, eh). Nel 2008 fa prima il commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Campania (e potremmo starci, forse). Poi sempre nel 2008 diventa Direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (e andiamo già meglio, rispetto alle competenze). Questo fino al 2012 quando, nel governo Monti (altra bella porcata, eh, il governo Monti, en passant) diventa Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Quando cade il governo diventa presidente di Finmeccanica.

Che titoli abbia per guidare Finmeccanica, che è un gruppo industriale, resta pertanto ignoto. Però se lo son cavato dalle palle con un incarico prestigioso (e ben remunerato). Non che abbia importanza. A quel livello il Presidente conta il due di briscola e firma quel che gli fanno firmare selezionatissimi manager.

Purtuttavia, torniamo indietro, nei suoi sette anni alla guida della Polizia, incappa in due vicende non proprio di poco conto. Il caso Diaz e la negata scorta a Marco Biagi. Avete detto sticazzi? Ecco, bravi, pure io. Anche perché né il suo predecessore (Fernando Masone) né il suo successore (Antonio Manganelli) incapparono in incidenti di tal portata. Si tratta altresì di due vicende che si dipanarono nel corso di un paio d’anni tra il 2001 e il 2002.

In ambo i casi ministro dell’Interno era quella personcina ammodo di Claudio Scajola, ricordiamo pure questo.

Aggiungiamo poi, e qui ha tutte le ragioni gaberricci, che con la Diaz si son condannati solo i poliziotti. Al secolo, gli esecutori. E quelli che ce li hanno mandati, alla Diaz, quei poliziotti? Non sapevano? Cazzo, ma si rendono conto di quel che dicono? Non sapevano? E’ ancora più grave che esserne al corrente. Sei il capo di un corpo dello Stato e non hai la più pallida idea di ciò che fanno i tuoi sottoposti? Posso ammetterlo in un’operazione ad un posto di blocco in Val Chiavenna. Al G8 di Genova, evidentemente no.

E già che ci siamo, sarebbero stati da condannare anche il ministro dell’Interno (Scajola), visto che il corpo di Polizia da quel ministero dipende, il Presidente del Consiglio (Silvio Berlusconi), perchè in una situazione così grave ha il diritto/dovere di essere informato, e pure il Presidente delle Repubblica (Ciampi) che si mostrò con Berlusconi a rassicurare le masse avallando lo scempio con la sua presenza.

E comunque lo dice Strasburgo (non fossimo bastati noi cittadini) alla Diaz fu tortura. E qualcuno deve pagare. Non solo i poliziotti che parteciparono, ma pure chi ce li mandò.

Peraltro, De Gennaro ha un ruolo cruciale anche nella vicenda di Bruno Contrada. Premetto. A me Contrada piace poco, ma, seriamente, mica si può condannare uno per quello. Son necessarie le prove. Strasburgo ci ha cazziati anche lì. Primo perchè Contrada è stato condannato per un crimine non esistente nel momento in cui lui suppostamente lo commetteva. Ora. Già la retroattività è sgradevole a livello fiscale ed amministrativo, ma è ovvio a chiunque che non ti posso mandare in galera per un reato (anche quando tu lo abbia realmente commesso) che non esisteva mentre lo stavi commettendo. Viene a mancare un requisito fondamentale. La consapevolezza di commettere un reato. Per buon peso, la corte definisce questo reato di difficile definizione. Fumoso se preferite. E onestamente, cos’è il reato di concorso esterno in associazione mafiosa? Un escamotage per perseguire certuni e non certi altri. In zone ad alta densità mafiosa, sospetto che nessuno sia immune dal concorso esterno. E che certi siano addirittura in buona fede.

Resta il fatto che, ovunque c’è una grana di Stato grossa, questo De Gennaro riciccia. E anche Renzi, appassionato di rottamazioni, lo difende a spada tratta, laddove, suvvia, il nostro va per i settanta e sarebbe ben più rottamabile di D’Alema.

E se anziché scomodare principi di Peter e massime latine, ci trovassimo semplicemente davanti ad Hitchcock?

Storie dell’altro ieri – 1992/La genesi

Anno 1992. Anno bisestile, per la precisione.

L’Italia è governata da un quadripartito. Democristiani, socialisti, socialdemocratici e liberali. A presiedere il consesso per la settima volta nella storia repubblicana, Giulio Andreotti.

Presiede la Repubblica Francesco Cossiga.

Il Milan di Berlusconi è campione d’inverno. Io ho 17 anni e frequento la quarta superiore. Tutti si lamentano che c’è la crisi, e non sanno neppure cos’é. Per il momento.

Vincenzo Consolo con Nottetempo, casa per casa vince il Premio Strega, mentre Alberto Bevilacqua vince il Bancarella con I sensi incantati.

Il bestseller dell’anno è Il mondo di Sofia, di Jostein Gardner (uscito l’anno prima, ma noi dovevamo attendere la traduzione). Henning Mankell, invece, dà alle stampe la prima delle avventure di Kurt Wallander. Non lo sappiamo ancora ma impareremo ad amare la Scania.

L’album più venduto è Carboni di Luca Carboni. Al secondo posto le Greatest Hits II dei Queen. Freddy Mercury ci ha lasciati qualche mese prima, nel novembre del 1991.

A giugno andranno in scena in Svezia i campionati Europei. L’Italia, da vera pippa, manco si è qualificata. Il mancato accesso alla fase finale è costato il posto ad Azeglio Vicini, il c.t. delle notti magiche di Italia ’90. Al suo posto, con gli occhi più spiritati che mai, Arrigo Sacchi.

Insomma, il 1992 ha tutte le carte in regola per essere un anno come tutti gli altri.

E invece. E invece vatti a fidare degli anni bisestili.

E’ il 17 febbraio 1992. A Milano, ragionevolmente, fa freddo, e, eccezion fatta per i milanesi, la maggior parte degli Italiani ignorano cosa sia la Baggina, e pure il Pio Albergo Trivulzio.

La lacuna verrà ben presto colmata.

E’ il 17 febbraio 1992, si diceva. Un oscuro ingegnere milanese, iscritto al PSI, tale Mario Chiesa, viene arrestato mentre accetta una tangente di sette milioni di lire da Luca Magni, imprenditore, proprietario di una piccola impresa di pulizie, che versa la somma per assicurarsi l’appalto delle pulizie del Pio Albergo Trivulzio, la Baggina come la chiamano i milanesi, la Casa di Riposo per anziani di Milano, simbolo della generosità de Milan, al pari delle Stelline e dei Martinitt.

In realtà la presidenza del Pio Albergo Trivulzio significa potere, tanto potere. E Mario Chiesa, che ne è il presidente, al potere è avvezzo. Assessore del Comune di Milano con Carlo Tognoli sindaco, si piazza in assessorati chiave. Lavori pubblici prima ed edilizia scolastica poi. Quando a Palazzo Marino sale il cognatissimo, Paolo Pillitteri, si installa al Pio Albergo Trivulzio con la ferma intenzione di restarci.

L’arresto fa scalpore. Non tanto per la cifra, 7 milioni di lire. Quanto per il fatto in sé.

Bettino Craxi liquida la faccenda con l’usuale arroganza. Definisce senza meno Chiesa ‘un mariuolo’, ‘una scheggia impazzita’ di un partito altrimenti integro.

Chiesa presumibilmente si risente, nel chiuso della sua celletta a San Vittore, ma è uomo di mondo ed è disposto a farsene una ragione, soprattutto per una degna contropartita. Invece, ancora non lo sa, ma ha già commesso il suo errore più grave.

Che, passi lasciare la moglie. Ma micrare sugli alimenti, è prassi sconsigliabile. Amorale, anche. Ma sconsigliabile, principalmente. Soprattutto se la moglie, ormai ex, ha buona memoria e discreta conoscenza dei fatti tuoi.

Ed è così, grazie alla signora Laura Sala, che gli inquirenti giunsero ai conti svizzeri ‘Levissima’ e ‘Fiuggi’ ma soprattutto al fiume non già d’acque minerali, ma di fondi illeciti, che scorrevano nelle fogne di quella che credeva d’essere la capitale morale d’Italia.

Chiesa, che come si diceva è uomo di mondo, capisce rapidamente che tutto è perduto, soprattutto l’onore, ed inizia a parlare. Parlerà, ininterrottamente, per una settimana.

Il 2 aprile gli verranno concessi gli arresti domiciliari. Sta per cominciare il biennio più lungo della Repubblica. E un anno banale si trasfigurerà per sempre.

… Continua

Storie dell’altro ieri – 1992

Che non si dica che qua siamo da meno che su Sky.

L’idea m’è venuta l’altra sera mentre guardavo un pezzo di 1992 – La serie, in onda appunto su Sky. Operazione non malvagia (ma con una recitazione imbarazzante soprattutto per quel che concerne il reparto femminile).

Ci provo. A puntate. Come nelle migliori soap. D’altronde, col senno di poi, della soap, l’intera vicenda ebbe molti elementi.
Stay tuned.