Those were the days, my friend

Sono giorni così. Con molto da dire, e, pure, senza le parole per dirlo. E con troppo rispetto per voi, ma anche e soprattutto per me, per dirlo male.

Sono giorni di stanchezza immensa, tanta da non riuscire mica più a gestirla, ma anche di cose che non sono solo difficili da dire, ma che, soprattutto, non pertengono al blog, e che hanno bisogno di narratari diversi, per dirla con la ‘povna. E fors’anche di nessun narratario. Che poi alla fine avevano ragione Gabo e Aureliano Secondo: ‘Non può piovere tutta la vita’, ma quando piove occorre attendere che spiova, ed è un processo ed ha i suoi tempi.

È stato un anno lungo. E pieno. Di cose, rumori, umori, persone, esperienze. Di amicizie nuove, forti, inattese, lontane geograficamente e nel contempo vicine nel sentire, nel vivere, nel crederci. E in certe fasi della vita, certe cose fanno pure più piacere, perché comprendi meglio quanto valgano.

E anche di lavoro, fatica, adrenalina, emotività. Della presa d’atto che questi ultimi lunghissimi tre anni hanno fatto di me una persona ed un professionista diversa. Non necessariamente migliore, ma complessivamente più adulta, e per dirla sempre con la ‘povna, ma pure con la spersa, parecchio più risolta.

Perché come ti risolvono certi frangenti, manco secoli di psicoterapia. E verrebbe da aggiungere che i nostri genitori erano assai più risolti di noi, perché di frangenti ne ebbero altrettanti e pure prima.

E, per restare su Marquez, forse l’essenza è davvero solo quella: ‘Vivere per raccontarla’. E forse questa dovrebbe essere la nuova frontiera e la nuova sfida di queste pagine. Raccontarla questa realtà che certi giorni pare un film di Almodovar diretto da Monicelli. Una cosa che a te sembra di stare sotto acidi. E poi ti accorgi che invece sta accadendo davvero. 

 

18 pensieri su “Those were the days, my friend

  1. Trovare un narratario è una ottima metafora dell’esistenza, anche magari per poi capire che per una volta narratore e narratario insieme siamo noi. Un anno strano, per ora almeno (aspettiamo la coda d’autunno) l’anno del ciò che vuoi. Non brutto, ma imprevedibile, pur se con un senso per me diverso da ciò che normalmente si associa ad “imprevedibile”. Per intanto si prosegue, contenti dei compagni di strada inattesi, come tu dici. E se avrai voglia di raccontarla, con le tue parole, noi siamo qui (e forse, pur compuntamente lo dico, sapendo che se non ne hai voglia va bene uguale, aspettiamo pure quell’altra cosa…)!

    • Gli è che per raccontarla occorrerebbe trovare un modo di occultare l’identità delle persone in primis, ma anche (soprattutto?) i toni giusti. Ma comunque, que será, será, whatever will be, will be

  2. Anch’io fatico a scrivere, sempre di più, e siccome scrivere fa parte del mio “io” che rimane irrisolto, inespresso, questo mi fa soffrire e rende tante giornate quasi senza senso, senza significato.
    Intuisco una narrazione faticosa, in questo tuo post, qualcosa che potrebbe essere successo (forse nell’ambiente lavorativo, visto che ne fai cenno?) e che sarebbe stato meglio non accadesse… In ogni caso ti auguro di trovare giorni di vacanza e riposo in cui soprattutto la mente trovi un po’ di serenità e la capacità di svuotarsi da quei pensieri pesanti che per tanti giorni lavorativi ci accompagnano.

    • Qualcosa che è successo, che non doveva succedere, che sta a metà tra il personale e il lavorativo ma non è in assoluto lavorativo. I pensieri sono pesanti, ma per svuotarli dovrei invadere giocoforza la privacy altrui. E io so, e tu sai, che non è il caso.

    • Lo so cara, diciamo che certe malinconia discendono da situazioni che prendono le mosse da vicende che in questo momento, in un modo o nell’altro stanno toccando molte e molti di noi. E a volte allontanare gli spettri è dura. E anche basta, eh…

  3. Questo è un anno strano per tanti. A volte c’è solo, bisogno. Quando vorrai, se vorrai e come vorrai. Condivido la stanchezza, quella profonda, che in alcuni giorni ti pare che l’energia e la voglia se ne siano andate e basta.

  4. Anche io ti ho ‘nominata’, per il Liebster, ma è più che altro una scusa per citare uno dei blog che amo di più (https://intempestivoviandante.wordpress.com/2015/08/20/liebster-award/). I momenti in cui sembra troppo pesante anche mettere un piede avanti all’altro, figurarsi poi scrivere, penso capitino a tutti o comunque a molti. A volte sembra di non avere nulla da dire, altre volte le parole sono così affastellate che sembrano soffocarti e pare di non capirci più niente. Non vorrei dirti tanto che ‘passa’, ma che come sto sperimentando in questo periodo, restano quasi sempre le cose migliori, quelle più preziose e importanti. E così, sì, si vive per raccontarla.
    Un saluto
    Alexandra

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