Jonathan Coe l’ho amato tutto. Letto e riletto più volte. Non se ne dirà mai bene abbastanza.
L’intreccio di questo romanzo, complesso ma godibilissimo, varrebbe, da solo, la lettura.
Non entro nel merito della trama, che ha un sotteso poliziesco che non intendo guastare.
Diciamo soltanto che uno scrittore fallito, Michael Owen, viene incaricato di scrivere la storia della famiglia Winshaw, da un’anziana, ricca e solo apparentemente demente signora, Tabitha Winshaw.
Da qui, e dalla ricerca di una verità a lungo perseguita da Tabitha, nascono una serie di crudi e realistici ritratti dei vari membri della famiglia, che, in un paio di generazioni, si sono infiltrati nei gangli della nazione, recando con sé tutto il marcio che li pervade.
Trafficano in armi, adescano giovani donne, allevano con crudeltà bestiame in batteria, cambiano casacca (politica) a seconda della convenienza, si muovono con circospezione nel mondo dell’informazione.
E da contraltare, le ripercussioni della vita e delle opere dei Winshaw, su quella working class destinata a pagarne il prezzo.
Perché come dice ad un certo punto Mortimer Winshaw a Phoebe: “lasciati dare un avvertimento sulla mia famiglia, nel caso non te ne fossi già accorta. Sono il più perfido, avido, crudele mazzo di voltagabbana, avidi bastardi che abbia mai strisciato sulla faccia della Terra. Ed includo in questo giudizio anche la mia progenie”.
Un ritratto spietato dell’Inghilterra thatcheriana. Lo sfascio di una nazione e dei suoi valori, in nome di un liberismo spietato.
Consigliato a quanti vorrebbero una Thatcher italiana. Augurandogli, ed augurandosi, di non trovarsi, mai, nel ruolo di Fiona.
Questo post partecipa al venerdì del libro di homemademamma.
Gran bel libro. Sono sincero, lo avevo cominciato senza troppo entusiasmo, ma poi la lettura è scivolata via con vero piacere
L’ho riletto cinque volte, in cinque distinte fasi della mia vita. E ogni volta mi ha regalato un’emozione nuova.
Che dire? Coe non si discute! Anche io, poco tempo fa qui.
‘Povna, che adesso ho la certezza. Gemelle dentro 😉 Un libro immenso. L’ho riletto da poco. E pianto per Fiona. Come ogni volta.
La famiglia Winshaw è uno dei pochi romanzi (un altro è Il mulino sulla Floss) che mi ha fatto dar buca a una festa, incollata come ero alle sue pagine. E, ti assicuro, io sono MOLTO festaiola.
A me accadde con Cent’anni di solitudine. E con i Buddenbrook. ero talmente presa dai Buddenbrook che lo finii nell’ultimo banco dell’aula di intermediari finanziari (che tanto a me, banche, pronti contro termine e futures, m’han sempre fatto un po’ schifo, forse presagivo i futuri sviluppi 😉 )
Io ammetto di non aver ancora letto nulla di suo… mea culpa… dovrò rimediare in fretta.
Prova. Anche se i libri son sempre soggettivi. E molto influenzati dal momento.
L’ho comprato e messo nella pila ‘da leggere’, ora mi hai invogliato ad iniziarlo a breve 🙂
Fammi poi sapere se è piaciuto. Consiglio anche ‘la banda dei brocchi’, se non l’hai mai letto
Grazie!! Iniziato a rilento, poi ho preso velocità e non mi son più fermata. Un libro da leggere e rileggere. Ora mi cerco l’altro 😉
mi è piaciuto perfino più de “la banda dei brocchi”, i Buddenbrook invece… abbandonato al suo destino e poi regalato per non averlo più ad intasarmi la libreria.
Altro libro straordinario, la banda dei brocchi. I Buddenbrook, magari, riprova. A volte dipende dalle fasi della vita.
Libro straordinario che ho letto dopo la recensione che ne ha fatto la Povna e che ritrovo qui commentato con lo stesso entusiasmo anche da te; se penso che per anni l’ho avuto in libreria e non lo leggevo in quanto da qualche parte avevo letto una recensione negativa…
sai che la recensione della povna me l’ero persa. Splendida tra l’altro. A volte capita che qualcuno ti dica che un libro è brutto, son cose talmente soggettive, in effetti. Poi ci son anche libri che van bene in certi momenti della vita e in altri meno.
Pingback: Venerdi' del libro: la grande fuga delle lettere |
Pingback: 1990 | Io, me e me stessa – Historia de una mujer